“Chi sono io?” è una delle domande chiave della nostra vita, a cui cerchiamo costantemente di dare una risposta il più possibile sensata e ragionevole.
Il nostro sé, quello che siamo, consiste nella somma delle convinzioni che nutriamo riguardo alle nostre caratteristiche personali. Queste credenze derivano principalmente dalle esperienze uniche che facciamo quando entriamo in contatto col mondo e da come vi rispondiamo, in termini di azioni, pensieri ed emozioni.
A sua volta, il modo in cui ci rappresentiamo noi stessi e l’ambiente, guida in modo diretto il nostro comportamento, più ancora che gli aspetti biologici o culturali. Ovvero, noi ci costruiamo un’idea del mondo e di noi stessi – a volte piuttosto verosimile, altre un po’ falsata – e in base a questo direzioniamo il nostro agire: diventa la mappa che ci permette di attraversare il territorio. Non sempre però le mappe sono corrette, complete o affidabili, basti pensare a come è avvenuta la scoperta dell’America nell’ormai lontano 1492 e che effetti ha sortito!
Uno dei più importanti psicologi che si è occupato di studiare il concetto di sé e di come le persone arrivino a definirsi è Carl Rogers, padre della psicologia umanista e del movimento del potenziale umano, una corrente che ha molto rivalutato il concetto di persona, proponendone una visione altamente positiva. Secondo Rogers (1963), “la vita è come un’alga dal fusto snello, in riva all’oceano, che rimane dritta, resistente, flessibile, mantenendosi e migliorandosi nella crescita. In quell’alga simile a una palma si trovano la tenacia e la persistenza della vita, la capacità di resistere a un ambiente incredibilmente ostile, riuscendo non soltanto a sopravvivere, ma ad adattarsi, a svilupparsi e a divenire se stessa”.
Da questa frase possiamo ben comprendere la grande fiducia che Rogers investe sugli esseri umani, sulla loro capacità di adattamento anche in condizioni estreme e difficili, caratteristica che ad oggi viene definita – prendendo un termine in prestito dalla chimica – resilienza, ovvero quella proprietà dei metalli di essere estremamente duttili senza arrivare a piegarsi.
L’essere umano, inoltre, viene visto come tendente alla propria autorealizzazione, intesa come la capacità di esprimere al meglio le proprie potenzialità, per seguire una direzione sentita e condivisa, utilizzando e sviluppando le diverse risorse in suo possesso. Secondo Rogers, le persone “autorealizzate” sono orientate alla crescita e al cambiamento, si aprono all’esperienza, hanno fiducia in se stesse, riescono a portare avanti relazioni interpersonali armoniose ed equilibrate e vivono pienamente il presente.
Sicuramente non è facile possedere tutte queste caratteristiche… occorre percepirsi coerenti e congruenti, ovvero non avvertire troppe differenze tra come viviamo i vari ruoli che rivestiamo (figlio, amico, lavoratore, genitore, compagno, etc.) e soprattutto sentire di mettere in atto dei comportamenti in linea con quello che pensiamo di noi stessi. Inoltre, è importante che ci sentiamo liberi di esprimere quello che proviamo (in modi accettabili socialmente!), senza temere di perdere l’amore delle persone per noi importanti se non soddisfiamo le loro aspettative.
Riuscire ad autorealizzarsi non è un compito facile, ma abbiamo tutta una vita per provarci, partendo dal conoscerci per quello che siamo, in modo autentico!