L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha indicato il suicidio come la terza causa di morte tra gli adolescenti e i giovani. In Italia i suicidi rappresentano il 12% delle morti delle persone tra i 15 e i 29 anni (fonte Istat).
L’Oms, in un recente report (Oms, Preventing suicide. A global Imperative) richiede una maggiore attenzione da parte dei Mass Media nel presentare i casi di suicidio, soprattutto di persone famose, evitando di usare un linguaggio sensazionalistico, di descrivere in modo esplicito le modalità suicidarie e di mostrare fotografie o video. Inoltre, a livello istituzionale, propone:
- un inasprimento delle norme in materia di disponibilità di armi da fuoco nelle case private e delle procedure di ottenimento delle licenze;
- interventi strutturali per limitare l’accesso a luoghi come ponti, ferrovie, balconi in luoghi pubblici e palazzi alti;
- una limitazione della disponibilità di farmaci che vengono comunemente utilizzati da chi compie il suicidio. Gli operatori sanitari svolgono un ruolo fondamentale: limitando la quantità di farmaci erogata, informando pazienti e famigliari sui rischi del trattamento con i farmaci, e sottolineando l’importanza di aderire ai dosaggi;
- la riduzione dello stigma che circonda il disagio mentale e il dolore emotivo, attraverso campagne di sensibilizzazione che favoriscano una maggiore conoscenza di queste tematiche e che agevolino l’accesso ai servizi di supporto da parte di chi vive un momento di grave sofferenza.
La maggior parte dei suicidi è preceduta da segnali di allerta, sia verbali che comportamentali. E’ vero che alcuni suicidi avvengono senza alcun preavviso, ma è fondamentale capire e riconoscere quei segnali di pericolo per prevenire gesti estremi, in particolar modo nella popolazione adolescente.
I maggiori fattori di rischio per un adolescente includono: la presenza di un disturbo dell’umore, più frequentemente la depressione o il disturbo bipolare, l’uso di sostanze stupefacenti e di alcool, le condotte autolesive (procurarsi tagli e ferite sul corpo), il suicidio di un familiare e tentativi precedenti di suicidio. Giovani che hanno vissuto avversità familiari o traumi: violenza fisica, sessuale o emotiva, maltrattamenti, violenza familiare, divorzio conflittuale dei genitori, l’assistenza istituzionale o sociale, hanno un rischio molto più elevato di suicidio rispetto ad altri.
Un altro fattore di rischio è collegato alle discriminazioni razziali e sessuali. Ragazzi che subiscono atti di bullismo, cyberbullismo o gesti di discriminazione collegati alla loro razza o all’orientamento sessuale (gay, lesbiche, transessuali) sono esposti a continue esperienze stressanti come la perdita della libertà di espressione, il rifiuto, la vergogna sociale, la stigmatizzazione e la violenza, che possono portare personalità più fragili a perdere fiducia e speranza e a gesti suicidari.
Che cosa possono fare genitori, insegnanti, operatori e amici di fronte a questi scenari spaventosi?
- Parlare con i ragazzi. Non appena si notano comportamenti o atteggiamenti diversi dal comportamento abituale: mutismo, depressione, frasi prive di speranza e cariche si dolore e senso di fallimento, isolamento dai coetanei, aumento delle ore passate su internet a scapito della vita reale, in questi casi è importante chiedere cosa stia accadendo, con un atteggiamento aperto e non giudicante. Spesso dietro ad un cambiamento improvviso si nascono episodi di bullismo, che meritano di essere scoperti. I ragazzi, anche se si mostrano duri, hanno bisogno di sapere che ci preoccupiamo per loro.
- Se i ragazzi accennano a pensieri suicidi o mostrano condotte di autolesionismo (tagli, ferite e bruciature sugli arti e sul corpo), è importante approfondire partendo da domande generiche. Poi, è bene chiedere più precisamente quello che pensano, l’intenzione e / o la pianificazione di comportamenti lesivi o suicidari. Il solo pensiero non è, per definizione, pericoloso. Scoprire se esistono questi pensieri è però un importante segnale di avvertimento che non va sottovalutato. Se questi pensieri sono combinati con l’intento, dovrebbe scattare l’allarme!
- E’ fondamentale considerare tutti i fattori di stress significativi nella vita del ragazzo. Come abbiamo visto sopra, esperienze prolungate di stress emotivo in famiglia, un lutto familiare, una malattia, problemi di apprendimento cronici, possono far precipitare la depressione e pensieri suicidi. Gli insegnanti possono avere un ruolo cruciale in questo, specialmente quando la situazione familiare è compromessa.
- Prestare attenzione alle abitudini del ragazzo. L’abuso di sostanze è accompagnato da comportamenti di evitamento rispetto agli adulti, diminuzione delle ore di sonno, calo del rendimento scolastico, peggioramento dell’aspetto fisico e del volto, frequentazione di luoghi a rischio. Sottovalutare questi elementi può essere molto rischioso. Le sostanze stupefacenti, inoltre, possono diminuire l’inibizione che normalmente previene l’autolesionismo e aumentano i comportamenti impulsivi e le condotte a rischio.
- Se c’è una storia familiare di disturbo dell’umore, di suicidio, o disturbi da uso di sostanze è bene avere uno sguardo ancora più attento per cogliere subito i segni di disagio.
- Non isolarsi. Una volta scoperto che un ragazzo è in difficoltà è importante chiedere aiuto a familiari o conoscenti di fiducia. Se siete preoccupati o avete dei sospetti cercate informazioni tra il gruppo dei pari o tra i genitori del gruppo dei pari. Molto spesso l’utilizzo di alcool o droghe, per esempio, può essere scoperto in questo modo.
- Se siete veramente preoccupati non esitate a chiamare un professionista della salute mentale: il vostro pediatra, uno psicoterapeuta, uno psichiatra, o un centro di salute mentale sul territorio. Il disagio mentale e la sofferenza psicologica non sono qualcosa di cui vergognarsi e da nascondere. Prima si affrontano, meglio è per il ragazzo.
In molti casi, il suicidio si può prevenire attraverso un aumento del sostegno sociale, un attento percorso di terapia, che può essere farmacologica, ma soprattutto di psicoterapia e grazie al tempestivo riconoscimento dei segnali di allarme.