I ricercatori dell’Università di Oxford hanno dimostrato che il tempo trascorso seduti, dormendo e muovendosi è determinato in parte dai nostri geni. Gli scienziati hanno studiato l’attività di 91.105 partecipanti alla Biobank britannica che avevano indossato per una settimana un sensore sul polso in grado di registrare la loro attività fisiologica. Tramite un programma computerizzato è stato possibile identificare automaticamente dal monitoraggio dell’attività la vita attiva e sedentaria dei rispettivi partecipanti. Hanno successivamente combinato questi dati con le informazioni genetiche del Regno Unito Biobank, fornendo una migliore comprensione del sonno, dell’attività fisica e delle conseguenze sulla salute. Un’ulteriore analisi dei dati genetici ha mostrato per la prima volta che l’aumento dell’attività fisica riduce la pressione sanguigna.
L’inattività fisica è infatti una “minaccia” per la salute pubblica globale ed è associata a una serie di malattie comuni tra cui obesità, diabete e malattie cardiache. I cambiamenti nella durata del sonno per esempio sono legati a disturbi del cuore, a malattie metaboliche e a disturbi psichiatrici. L’analisi genetica ha anche mostrato sovrapposizioni con le malattie neurodegenerative, il benessere della salute mentale e la struttura del cervello. La dott.ssa Aiden Doherty, che ha guidato il lavoro ha dichiarato: “Come e perché ci muoviamo non riguarda solo i geni, ma capire il ruolo dei geni contribuirà a migliorare la nostra comprensione delle cause e conseguenze dell’inattività fisica. È solo grazie alla possibilità di studiare grandi quantità di dati, come quelli forniti da UK Biobank, che siamo in grado di comprendere le complesse basi genetiche anche di alcune delle funzioni umane più basilari come muoversi, riposare e dormire”. Lo studio è stato finanziato dal Centro di ricerca biomedica Oxford National Institute for Health Research (NIHR) e dal British Heart Foundation Center of Research Excellence di Oxford ed è stato eseguito da un team multidisciplinare di scienziati provenienti da diversi settori, tra cui apprendimento automatico, genetica, statistica ed epidemiologia. L’uso dell’apprendimento automatico nei grandi set di dati sanitari sta avanzando rapidamente e ha un profondo impatto sugli studi che possono essere svolti.
Sono infatti stati creati modelli di machine learning per insegnare alle macchine come analizzare funzioni complesse. Il Professor Michael Holmes ha dichiarato: “Questo offre agli scienziati una meravigliosa opportunità di imparare molto di più su come i geni e l’ambiente interagiscono nella nostra vita quotidiana. Ad esempio, potrebbe aiutarci a determinare se l’inattività è una causa o una conseguenza dell’obesità.”
Articolo tratto da: https://neurosciencenews.com/genetics-physical-activity-10322/