Molte persone credono che parlare con uno Psicologo sia all’incirca come “fare quattro chiacchiere con un amico/a” o c’è chi, al contrario, considera un colloquio quasi come una confessione di situazioni estreme.
Lo Psicologo non è un amico. Non giudica, non è lì per dare consigli, ma mette a disposizione le sue conoscenze per costruire insieme un percorso che porti al benessere personale, familiare e sociale. A differenza di un amico, quando uno Psicologo propone un modo nuovo di vedere le cose, lo fa per favorire un’apertura mentale e non per far valere le proprie convinzioni (che potrebbe essere anche diverse).
L’idea-cardine che guida le tecniche di conduzione del colloquio è, infatti, che non esiste un benessere oggettivo che va bene per tutti e che la soluzione non è sempre quella che andrebbe bene al conduttore. L’amicizia, al contrario, è spesso basata sulla condivisione di pensieri, di valori, di prospettive e di situazioni da cui è difficile staccarsi. Un amico è insostituibile e ha una sua funzione unica, ma spesso non possiede conoscenze sul funzionamento della mente, sulle tecniche di colloquio, né è abbastanza distaccato (se ne avesse le conoscenze) per gestire le dinamiche emotive e di ruolo, che spesso devono essere vissute nel colloquio psicologico per arrivare a stare meglio, al di là dello scambio verbale.
Lo Psicologo non è un prete. Si, il segreto professionale avvicina queste due figure, nel senso che lo Psicologo non rivelerà mai ciò che viene detto durante il colloquio. Ma il prete è guidato dalla morale cattolica. Lo Psicologo no. Egli non assolve e non giudica, ma aiuta lentamente a trovare o ritrovare le regole che possono aiutare a star meglio con se stessi e con gli altri; applica tecniche validate scientificamente per curare disturbi specifici, ciò che interessa allo Psicologo è che il cliente trovi una sua modalità per affrontare i propri problemi, una modalità che gli consenta di stare bene con se stesso.