Sempre più professionisti di diverse discipline sportive si sottopongono a training di bio e neurofeedback nell’allenamento e nella preparazione atletica: dai piloti di Formula1, ai tennisti, passando per i calciatori di alto livello, ottenendo un miglioramento sostanziale delle performance sportive.

 

Ma di che cosa si tratta?

Il biofeedback è una tecnica non invasiva nata negli anni ’60 negli USA con lo scopo di studiare e di rendere consapevoli le persone dei propri stati fisiologici, al fine di poterli gestire e controllare. Si tratta dunque di uno strumento che permette di apprendere a modificare la propria fisiologia, andando a migliorare la salute o incrementando la performance umana, in termini affettivi, cognitivi e fisici.

 

Ma come funziona?

Si avvale di sensori che vanno a registrare le diverse componenti fisiologiche del corpo, come le onde cerebrali, la frequenza cardiaca, la conduttanza della pelle (responsabile della sudorazione delle dita), la respirazione, la temperatura periferica e la tensione muscolare. Questi sensori sono poi collegati ad un computer che riporterà sullo schermo le attività fisiologiche sottoforma di feedback visivo e acustico. Attraverso questo gioco la persona svilupperà più consapevolezza degli stati fisiologici, sviluppando di conseguenza la fiducia di poterli modificare. Il fine dei training di biofeedback è dunque quello di rendere questi cambiamenti e processi di modifica e controllo stabili nel tempo, permettendo alla persona di poter utilizzare le nuove strategie apprese in ogni contesto. Il neurofeedback non è altro che un tipo di biofeedback che lavora con le onde cerebrali (EEG biofeedback). Di fatti, a specifiche bande di frequenza di specifiche onde cerebrali, corrispondono specifici stati mentali (come concentrazione, attenzione selettiva, problem solving…). Il training di neurofeedback dunque aiuterà l’atleta ad identificare le diverse bande di frequenza con gli stati mentali associati, e di regolare i livelli di attivazione del proprio sistema nervoso per poter raggiungere volontariamente i diversi stati mentali al fine di ottenere la Peak performance.

 

Perché il biofeedback nello sport?

Il biofeedback è una procedura utile per aiutare l’atleta a gestire le emozioni durante la competizione. Aiuta a gestire i livelli di controllo e attivazione e aumenta la prontezza fisica e mentale per performare in modo ottimale. Ogni atleta prova di tutto per poter raggiungere uno stato ottimale, ma ad un determinato stato mentale corrisponde uno stato fisiologico specifico. Quindi con uno stato mentale ottimale, si avrà uno stato psicofisiologico ottimale che porta verso l’alta prestazione, ovvero la Peak performance.

La ricerca di questa prestazione ottimale si basa sul modello IZOF, ovvero Individual Zone of Optimal Functioning, sulla ricerca, dunque, della zona di funzionamento ottimale dell’atleta, che gli permetterà di raggiungere performance elevate tramite acquisizione di mental skills precise.

 

Come può il biofeedback aiutare l’atleta?

  • Promuove il controllo emozionale, come l’ansia da prestazione
  • Insegna la gestione flessibile dell’attivazione dello stress, come sapere quando e come attivarsi e disattivarsi
  • Permette la messa a punto del gesto tecnico
  • Aumenta l’attenzione sostenuta e selettiva
  • Favorisce la peak performance
  • Aiuta ad individuare il campanello d’allarme, informando se ci si sta allenando troppo, andando a prevenire il rischio di infortuni
  • Promuove i processi di recupero funzionale motorio dopo un infortunio e ottimizzazione del recupero

 

Come si struttura un training di biofeedback?

Il training di biofeedback si struttura in diverse sedute divise in quattro fasi principali:

  • Assessment psicofisiologico: consiste in una registrazione psicofisiologica globale dell’atleta, andando ad individuare punti di forza e punti su cui implementare il training
  • Fase di acquisizione, il corpo del percorso di biofeedback, in cui l’atleta, attraverso diverse sedute, impara la strategia giusta per il controllo e la gestione degli stati psicofisiologici. Generalmente i primi risultati di apprendimento si notano dopo circa 5 sedute
  • Fase di mantenimento, dove l’atleta perfeziona la strategia che viene applicata con sempre più facilità
  • Fase di generalizzazione e trasferimento, dove si prova ad implementare la strategia trovata in diversi contesti stressanti, con lo scopo di trasferire la strategia in ogni ambito e in ogni contesto

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